Nel semibuio della sala, una luce tremolante filtra dalle finestre appannate, mentre sullo schermo scorre un turbine di camion che si animano di una volontà feroce. È il mondo di Brivido (Maximum Overdrive), un film che per decenni è stato un fantasma nella filmografia di Stephen King. Uscito nel 1986, accolto da critiche spietate e freddi incassi, oggi torna a vivere grazie a un’improvvisa riscoperta sulle piattaforme di streaming. Un dettaglio che un appassionato riconosce all’istante: quei tir impazziti, la musica potente degli AC/DC e il caos al limite del surreale, segni tangibili di un cinema attraversato da tormento e genialità.
Un esperimento nato nel caos e nella dipendenza
Dietro la macchina da presa, Stephen King affrontava un periodo complicato, segnato da dipendenze e tensioni che si riflettevano nell’atmosfera di un set fuori controllo. La produzione di Maximum Overdrive fu una vera odissea: alterchi con il produttore Dino De Laurentiis, un incidente che costò un occhio al direttore della fotografia Armando Nannuzzi e una regia che King stesso definì “girata sotto l’effetto della cocaina”. La vicenda sullo sfondo di questo film bizzarro racconta di un autore preso tra l’urgenza creativa e il disorientamento personale. Nonostante tutto, riuscì a coinvolgere gli AC/DC per una colonna sonora che oggi è un cult, con il brano “Who Made Who” ancora più celebre della pellicola stessa.
Pochi ricorderanno, però, la campagna promozionale: King, con voce roca e sorriso sfidante, si presenta nel trailer per “spaventare a morte” gli spettatori. Un’intenzione sincera, ma il risultato fu disastroso: incassi ben al di sotto del budget, una critica che lanciò il film all’oblio totale, con un misero 14% su Rotten Tomatoes. È un particolare che si apprezza solo se si conosce la storia: un progetto così personale e sregolato non poteva che inciampare nella sua stessa verve incontenibile.
La rinascita di un cult tra luci al neon e follia anni ’80
Quasi quarant’anni dopo, Maximum Overdrive torna a irrompere nella cultura pop, soprattutto grazie a piattaforme come Tubi, dove riesce a infilarsi nella Top 10 dei titoli più visti. La chiave del suo rinnovato fascino è la capacità di trasmettere una follia contagiosa, una miscela di azione sfrenata, violenza esagerata e un’autoironia rara nel cinema horror. Le luci al neon, le esplosioni improvvise e i dialoghi volutamente esagerati risuonano oggi come un omaggio sincero a un’epoca di cinema di genere che sapeva osare con leggerezza.
Un particolare che spesso sfugge ai non appassionati: questo film ha aperto indirettamente la strada a uno dei capolavori del genere. L’insuccesso di Brivido spinse King a presentare Sam Raimi e il suo progetto per Evil Dead II a De Laurentiis, decisivo per la produzione di quel cult senza tempo. Così il redorarsi di Maximum Overdrive è anche una carezza al passato, un invito a non dimenticare quei momenti di caos creativo che solo chi vive il cinema “in prima persona” può capire davvero.
In fondo, mentre i camion impazziti sfrecciano ancora sulle strade immaginarie del film, resta impressa l’immagine di King stesso, con lo sguardo deciso, e quel trailer che prometteva paura. Un detto visivo che si ripete ogni volta che qualcuno riscopre quel capolavoro di follia e personalità: un film troppo strano per esser dimenticato, che vive nella memoria come un’ascesa di pura anarchia.